Il cervello lucertola e la paura
Ritorniamo al modello del cervello tripartito di MacLeod: il cervello lucertola ci spinge a ripetere le esperienze piacevoli e ad evitare quelle che ci provocano dolore, prende il controllo in caso di necessità – cioè ogni volta che una certa situazione di trading rimanda in circolo emozioni legate alla sopravvivenza – e questo succede finché non impariamo a regolarne gli impulsi.
Quando facciamo trading con il rischio di una perdita monetaria reale, il nostro cervello mammaliano lo interpreta come un reale pericolo alla nostra sopravvivenza biologica.
E il nostro emisfero sinistro è cieco perché non sapendo gestire le emozioni non possiamo avvalerci dell’emisfero destro intuitivo.
(Ecco perchè il paper trading è poco efficace, se non per testare una strategia a livello iniziale).
Non ti ricordi la teoria del cervello tripartito? Rileggila qui
Cosa succede quando andiamo in corto circuito emozionale?
La nostra biologia, prima ancora che il cervello, e quindi anche la mente, è governata dalle emozioni.
Da qui non si scappa.
E finché non capiamo come funzionano le emozioni non sapremo come gestirle, con il risultato poco piacevole che saranno loro a gestire noi.
Il compito principale del nostro cervello è di fare in modo di farci sopravvivere, creando abitudini adatte per farci reagire salvandoci, in base alle esperienze che facciamo, e al DNA che ci portiamo dietro.
Questo meccanismo adattativo ha garantito finora la sopravvivenza della nostra specie.
E la sopravvivenza ha completamente a che fare con lo stato emozionale che chiamiamo PAURA.
La paura è la più primitiva delle emozioni, serve per farci evitare i pericoli.
In tempi remoti era necessario identificare immediatamente il pericolo e metterci in modo, prima di aver avuto tempo di pensare, per evitare di diventare il pasto di qualche animale più grosso.
Il nostro cervello mammaliano però non distingue il tipo di pericolo, è focalizzato sulla sopravvivenza, non può distinguere tra paura causata da un pericolo biologico o da un disagio emotivo.
Il cervello lasciato a se stesso interpreta questo disagio emotivo, a cui diamo una connotazione negativa a causa delle nostre esperienze precedenti di brutte giornate di trading , come un pericolo che ha già provato, a cui quindi dà la risposta generalizzata. Scappare!
La paura é il segnale di pericolo imminente.
Chiaramente se a causa di questa paura abbiamo, come è probabile, un corto circuito emozionale, la nostra abilità di pensare in modo logico od obiettivo è irraggiungibile, e siamo spinti alla fuga.
A questo punto il corpo reagisce perché si prepara alla lotta o alla fuga, per cui ossigeno e glucosio vengono tolti alla neo-corteccia (ed era il nostro carburante per pensare) e fatti arrivare subito al resto del corpo, in modo che sia pronto.
Come trader a questo punto sentiamo tensione muscolare, lo stomaco annodato, il respiro veloce.
A questo punto o ti immobilizzi e non riesci più a fare nulla, oppure fai qualcosa per uscire da questo stato di paura, tipo entrare nel trade sbagliato o uscire da quello giusto…
E’ semplicemente il tuo cervello emozionale non addestrato in azione.
Questa scatola, che molti chiamano zona di confort, è creata sia una un punto di vista biologico che psicologico dal meccanismo di sopravvivenza, per evitare i rischi, quindi il disagio.
E’ fatta dalle nostre reazioni automatiche, che limitano le possibilità, di vedere, di fare, ecc.
E’ la mappa percettiva attraverso la quale filtriamo le informazioni che ci arrivano dalla realtà.
Possiamo trovare 9 tipi di paura che si manifestano nel trading, e le andremo ad analizzare tutte nel primo modulo di Mente da Trader.
La cosa interessante è che queste paure esistevano dentro di noi già prima che iniziassimo a fare trading, non sono nate nel trading, semplicemente in altri contesti era possibile evitare di doverle affrontare.
Paura e gestione del rischio
Avere a che fare con il rischio molto probabilmente mette a disagio la maggior parte di noi.
Non è strano: nelle nostre storie familiari molto spesso c’è la ricerca della sicurezza e l’avversione al rischio, in misure varie, ma tutti i nostri bisnonni e nonni sono passati attraverso due grandi guerre e periodi difficili, per cui abbiamo queste informazioni nel DNA.
A questo possiamo aggiungere esperienze magari più semplici personali, ma che comunque ci hanno forgiato ad apprezzare o meno la sicurezza, a ricercare o meno il rischio.
Il nostro cervello emozionale si é evoluto per farci sopravvivere.
Non percepisce il rischio, ma solo il pericolo, non è in grado di distinguere tra una paura biologica – pericolo di vita – e il disagio emotivo e psicologico del rischio.
La gestione del rischio, cioè la disciplina con cui stabiliamo dei livelli di rischio in modo da aumentare le nostre probabilità di guadagno rispetto a quelle di perdita, è fuori dalla nostra zona di confort.
Per avere risultati duraturi nel lungo termine dobbiamo quindi addestrare il nostro cervello a regolare gli impulsi, in modo che noi possiamo fare una distinzione tra la paura biologica e il disagio della gestione del rischio.
Nonostante pare non sia vero che in cinese esista un unico simbolo per rischio e opportunità (la citazione del discorso di Kennedy è ormai parte dell’immaginario collettivo), resta il fatto che
[ctt template=”7″ link=”1fZc2″ via=”yes” ]Il corretto atteggiamento mentale per un trader è che la gestione del rischio crea l’opportunità del guadagno. – Elena Sanjust @VitadaTrader[/ctt]La GESTIONE del rischio, perché chiaramente non può essere eliminato.
Per diventare dei bravi trader dobbiamo superare il mandato biologico di evitare la paura e il rischio, e dobbiamo ricablarci internamente in modo che sarà un osservatore del rischio e non della paura quello che guarderà i mercati attraverso i nostri occhi.
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