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L’intervista di Annabella D’Amico a Le Fonti TV
E. Ho iniziato a fare trading realmente nel 2012, mentre mi ci sono avvicinata nel 2005 e poi fino al 2011 è stato solo uno studio teorico.
All’inizio è andata molto bene, anche perché ho cercato e trovato diverse persone serie che facevano formazione, e questo ha aiutato l’accorciamento dei tempi.
Fare trading è una professione che necessita di molto studio.
Poi quando andiamo sul mercato entrano in gioco tutta un’altra serie di fattori, legati alla parte emotiva e ai nostri pensieri.
Dopo questa partenza molto buona, ho avuto i miei momenti bui, in conseguenza dei quali per poter riprendere in mano la situazione ho dovuto mettermi a lavorare sulla parte emotiva, perché comunque i danni che mi sono fatta non erano dovuti ad un errore tecnico o strategico, ma ad un fattore emotivo.
Per approfondire questi aspetti sono chiaramente dovuta andare all’estero, facendo dei corsi con dei coach americani, perché comunque in Italia non c’è nulla a livello di formazione seria su questi temi.
Nel frattempo era nato l’inizio del progetto Vita da Trader con le prime interviste.
Quando le cose vanno bene, ti ringalluzzisci parecchio, diventi arrogante, ti dici “guarda come sono brava”, e quindi inizi a fare delle scelte che vanno contro quella che è la tua propensione al rischio, che poi comunque viene fuori.
Io ero già libera professionista, e questo mi ha avvantaggiato perché non avevo la mentalità da dipendente che ha qualcosa di sicuro e di fisso, ma dovevo portare a casa qualcosa ogni mese lo stesso.
E questo crea una pressione psicologica che non è per niente facile da gestire.
Dopo soli due anni e mezzo che facevo trading in reale ho fatto il grosso errore di passare da un conto piccolino ad uno dieci volte più capitalizzato.
Ma non si può chiedere al mercato lo stipendio, almeno non mensilmente.
Una persona dovrebbe togliere dal capitale che vuole usare nel trading lo stipendio dei prossimi due anni, e poi fare i conti a fine anno. Se invece si vuole ogni mese portare a casa lo stipendio, non è detto che ci si riesca, e quando non succede si innescano tutta una serie di meccanismi.
Riguarda il fatto di facilitare nelle altre persone lo sviluppo delle potenzialità che già hanno, quindi non si tratta di psicoterapia o psicologia che vanno ad aiutare la risoluzione di un problema.
In questo campo, ad esempio, se mi accorgo che qualcuno manifesta i comportamenti della ludopatia, lo indirizzo altrove perché c’è bisogno di terapie di un altro tipo.
E’ un lavoro dove non puoi separare chi sei da quello che fai.
In realtà questo succede in tutti gli aspetti della vita, ma nel trading è molto più evidente, è tutto estremo.
Se io capisco questo, riesco a trovare il tipo di mercato, il tipo di strategia, la giornata in cui posso fare trading meglio o peggio.
Non tutti i giorni sono uguali.
Ma se sto pensando a qualche problema personale, che mi sta agitando, molto probabilmente andrò a perdermi quello che sta succedendo davvero sul mercato, perché in quel momento non lo vedo o vedo una cosa diversa da quella che è.
Abbiamo sempre un filtro percettivo.
Ci possono essere dei giorni dove io nel grafico vedo delle cose che voglio vedere, ma non è detto che ci siano.
Se riesco a capire prima che quel giorno va così, posso stare più attento, cercare di capire se è una giornata in cui non sono allineata col mercato, non sono in sintonia.
I mercati hanno un’armonia che è fantastica, ma non sempre siamo in grado di entrare in questo flusso.
Hai dei costi, ma li abbiamo anche nel trading, dall’elettricità, ai computer, alle commissioni, una serie di costi assimilabili a quelli di un’impresa.
In più c’è il costo di una strategia che avrà una certa percentuale di perdite, e questo ogni volta va a dare un colpo alla nostra parte che vuole “vincere”, affermarsi e avere ragione.
Arrivare ad accettare le perdite anche naturali è un percorso lungo, ogni volta viene inferto un colpo alla nostra autostima.
Ogni volta ci chiediamo e dobbiamo chiederci se l’errore è nostro oppure è uno dei casi in cui la strategia va in perdita, ogni volta ci dobbiamo mettere in dubbio.
Dobbiamo abituarci al fatto che è un confronto continuo con il valore che diamo a noi stessi, che non deriva dal risultato di quell’operazione, ma da come l’abbiamo gestita.
Se un’operazione è stata gestita bene, se abbiamo fatto quello che dovevamo fare, è andata bene anche quando il risultato è negativo, ma il dirlo e il farlo ci sono dei passaggi di struttura che uno si deve costruire.
Poi arriva alla parte cognitiva, razionale, che la riconosce come sensazione, ma molte frazioni di secondo dopo.
L’emozione c’è già stata e ha già lanciato una serie di segnali.
Se sono troppo forti di paura, il nostro cervello entra in modalità di difesa e cercherà di metterci in salvo, con la fuga o il congelamento.
L’unica cosa che possiamo fare è andare a rieducare a livello fisiologico, tramite esercizi di respirazione che è l’unica cosa che connette in modo diretto il nostro fisico alla nostra parte emotiva e al pensiero.
Se provi a respirare velocemente, e ti porti in iper ventilazione, anche i tuoi pensieri accelereranno, oltre al battito, e accade anche l’inverso, per cui attuando una serie di respirazioni apposite, si abbassa il battito cardiaco e di conseguenza si riporta anche la mente in stato di calma.
Per cui anche nel giro di pochi minuti possiamo riguardare un grafico in maniera diversa, l’importante è legarsi le mani nel frattempo ?
Ma c’è questa spinta, altrimenti non potresti passare 10 ore al giorno e le notti a studiare, perché è una cosa difficile, ci vuole veramente tanto studio.
Molti di quelli che fanno trading soprattutto discrezionale sono persone molto passionali, si buttano nelle cose al 100%, è chiaro che poi sia nella vita che nel trading ci prendiamo dei gran treni in faccia.
Prima di tutto viene il tempo, sarà che essendo una donna mi sento già legata ad una ciclicità delle cose, e quindi ho trovato in questo metodo qualcosa che già mi apparteneva, non è un metodo che possa andar bene a tutti:
qualunque metodo deve essere già in sintonia con chi sei tu, per quello è importante sapere chi sei.
Quindi tornando al mio metodo, si parte dalla fase temporale e poi si cercano le occasioni guardando i volumi, cioè l’ingresso degli operatori grossi, e come si comporta il prezzo in determinate aree.
Questo mi permette anche di fare tante altre cose oltre al trading, perché io so se è una fase in cui si fa più fatica, e io non sono così brava, Marco riesce a trovare operazioni tutti i giorni, anche nelle condizioni più difficili, io no.
Per cui sulla mia scrivania ho i tre monitor dei grafici a sinistra, e a destra un altro computer per fare altre cose, e quindi sono 6 anni che ho un occhio da una parte e uno dall’altra.
Probabilmente, avendo sempre gestito il denaro in famiglia nelle generazioni passate, c’è una minore propensione al rischio di fondo, e il trading giustamente viene percepito come una cosa pericolosa.
Per cui nel momento in cui uno decide di farlo, deve riuscire a farlo senza un supporto emotivo.
Ad es. al contrario ad es. Anna Resti Bontoi raccontava di avere avuto la fortuna di essere capita e sostenuta in tutte quelle fasi difficili, nelle fasi di studio e di pochi risultati che per forza di cose all’inizio ci sono, ma non è sempre così.
Perché se ti rendi conto di aver fatto degli errori non di strategia, ma di comportamento, e non una volta sola, ma ripetutamente, l’unica è andare a capire perché è successo.
Non sarai mai la copia di quello che l’ha inventata, e poi non l’hai inventata tu, già questi sono due aspetti importanti da tenere in considerazione.
O hai la fortuna di trovare qualcuno che abbia una strategia in cui ti puoi rispecchiare abbastanza da poterla mettere in pratica, e in ogni caso la devi riadattare anche a te stesso.
E’ come vincere una gara di Formula 1 o essere campioni del mondo di tennis, non ci arriviamo tutti, però possiamo lo stesso giocarcela, ma non è detto che arriveremo mai a quei livelli.
Ci sono le eccellenze ed è tutto un insieme di fattori che ti fa arrivare lì, come in qualsiasi altro campo.
Il più è capire che in questo caso la competizione non è con il mercato, il mercato non ce l’ha con noi, ma con noi stessi.
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